25. Ingranaggi


[Racconto ispirato da un dipinto di Marcello Toma, a cui regalo questa riflessione. Vi invito a visitare la sua pagina su facebook!] 
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Siamo semplici ingranaggi.


Ingranaggi di ferro, freddi e malinconici. Ruote dentate, oltre cento denti, alla stessa distanza uno dall’altro. Ci rincorriamo all’infinito soli in-noi-stessi ma uniti insieme in qualcosa di impercettibile; ci chiudiamo poi in un sottile gioco di armonia. Chiusi, uno nell’altro. Come se la perfezione si specchiasse in un piccolo angolo di universo, lontano da qualsiasi eternauta e dal suo sguardo che disturberebbe il nostro ciclo vitale.


Il mondo è tutto qui: solo uno spesso strato grigio privo di cielo.
Ogni pezzo ha i suoi denti. Mordono. Sono pezzi di vita, alcuni più acuminati di altri – alcuni più dolorosi di altri – scorrono  con punte livide: prova a prenderne uno tra le mani senza curarti della sua fragilità, e rischierai di tagliarti la pelle, riverserai dopo sangue vivo oltre te stesso. Oltre l’ingranaggio.


Alcuni ingranaggi fanno parte di catene di montaggio. Stanno lì, rimangono fermi per tutta la vita in quel punto, girano – vivono – ogni giorno incastrandosi solo a chi gli sta strettamente intorno. Sotto il peso di pistoni e valvole meccaniche, è tutto grigio. Monotone carezze che sanno di addii, anche se sono primigenie. La loro vita è triste, come una notte senza luna.


Altri ingranaggi sono liberi. Proprio come noi due. Siamo riusciti a liberarci e vaghiamo volando, sugli altri. La nostra esistenza è come se fosse: teatro.* Ci svegliamo cinque minuti prima del risveglio; noi desideriamo vivere. Respiriamo. Siamo capaci di amare. I pezzi come noi si incastrano con altri ingranaggi liberi, si sfiorano e nei punti in cui si toccano c’è luce – c’è calore. Carezze di metallo morbide come la seta. Mordono l’inesistente essenza delle nuvole ed è vita oltre il semplice respiro, hanno un’anima.
Quando si affezionano troppo uno all’altro, quando amano, ma amano davvero, diventano troppo leggeri e si avvicinano al sole. Leggeri come la farina aleggiano ancora insieme e si sciolgono. Non muoiono. Si sciolgono in due e diventano una sola cosa, slegati dal proprio Io si amalgamano in una trepida condivisione della rinascita. Pezzi di ingranaggi fusi tra loro dal calore della relazione.


Siamo come la perfetta energia di due ruote in un complicato ingranaggio, con le dita che si incastrano ad ogni intervallo di tempo stabilito da noi stessi.


Le mie dita tra le tue, la mia voce nella tua: sfiorami. E l'attesa è ciò che mi strugge e mi rende forte, attendere che ad ogni ciclo possiamo sfiorarci ancora una volta, dopo trecentosessanta gradi di una giravolta che assomiglia sempre di più al tuo profilo, un girotondo allegro come una danza antica; danza, danza insieme a me senza stancarti, fino a scioglierci uno nell’altro, per l’incessante sforzo di voler vivere di più, di voler vivere sempre di più con te, fino ad essere uno stesso pezzo, fondermi con il tuo metallo, scioglierci nella stessa lega, legàti dal piccolo segreto del nostro amore, lègati con la tua anima alla mia.


So che trattieni il fiato anche tu tre secondi prima del nostro incontro.


Tre, due.


Respira piano: ora. Ora, danza. Danza con me, sciogliamoci con un bacio oltre noi stessi: lo vedi come ora la luce colora il nostro incontro nella carezza della perfetta unione dei nostri corpi?


Danziamo.
*citazione di Seta, Baricco.






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