Eugenio mi aveva detto che un certo Gian Paolo
di cui aveva letto un libro aveva scritto in un capitolo che le tre di pomeriggio
sono un orario in cui non si può né iniziare né finire niente.
Cazzuto questo Gian Paolo, gli avevo detto.
Cazzuto proprio.
Solo che mi ha messo un disagio, un disagio che
proprio; ogni volta che arrivano le tre: smetto tutto. Ricomincio il giorno
dopo. Tipo che adesso sono le quattordici e ventiquattro minuti e venticin no,
ventise, no, ventisette secondi e ho solo mezz’ora per scrivere. Poi lascio la
penna, il foglio sul tavolo, il tavolo in camera e vado in soggiorno. E
soggiorno. E vado in cucina. E cucino. E vado in bagno. E bagno. Insomma, tutte
le cose che fanno gli esseri umani in una casa. Per fortuna che le stanze si
chiamano con i nomi delle cose che si fanno, altrimenti mi sentirei a disagio,
disagio fortissimo. E metti che il bagno si chiamava in un altro modo? Sono
domande che mi ammazzano i pomeriggi, mi ammazzano. Ma comunque.
Sto scrivendo uno dei miei romanzi da
stamattina, sono nel nodo centrale del romanzo quello in cui il protagonista
sta per fare quella cosa avvincentissima ed è proprio sul punto di, l’atmosfera
è densissima e io so renderla benissimo perché da piccolo leggevo un sacco di gialli
di Topolino; sta sul punto di farla, ma, colpo di scena imprevedibile: non la
fa. Il romanzo parla di questa protagonista che crede di essere incinta però la sua storia d’amore
è travagliata, travagliata proprio, come in un film con Alba Rohrwacher, crede
di essere incinta, Alba (si chiama come lei, e le somiglia pure), perché ha tutte
le nausee, i pensamenti che hanno le donne incinte le voglie i desideri gli
impazzimenti e vuole abortire e quindi quando sta per abortire, se ne accorge. Non è incinta. Musica di sottofondo nel romanzo tipo La Guerra dei Mondi, ma
più ansiolitica. Così, proprio. Oh ,quando l’ho scritto pure io mi sono sorpreso,
mannaggia al romanzo. E ho pure scelto il titolo, un titolo bello, ma originale
proprio: La Nausea. Però mi è sorto un dubbio che non ci dormivo la notte e ci
riempivo le stanze, dopo le tre del pomeriggio, non è che qualcun altro si è
permesso di usare il mio titolo originale proprio? Allora sono andato in
biblioteca per vedere se c’era qualche mio collega scrittore del passato che
aveva usato questo titolo o Alba Rohrwacher come protagonista, non si sa mai. E
sono uscito dal bagno, dopo il bagno. Sono andato nel soggiorno. E sono uscito
di casa, a caso. Sono andato in biblioteca.
Quando sono entrato c’erano tutti quei libri su
quegli scaffali lunghissimi e al centro di tutto ho visto l’Alba. Gli occhi
piccini piccini, le labbra rosse le guanciotte carine i capelli morbidi. Mi
sono innamorato. La amo, per il signore dei libri, la amo. Eccola là, da sempre
l’ho aspettata e c’ho scritto 38 romanzi e lei mi aspetta in mezzo a un mucchio
di pagine ingiallite, proprio come me, lei mi aspetta in mezzo a tutti quei
romanzi e quei posti vuoti che un giorno colmerò coi miei. Eccola là.
- Che ci fa in biblioteca, lei?
- Sono la bibliotecaria.
- Ah.
- Ti vuoi prendere una cosa al bar?
E si sporge. Mi fa vedere. Dentro l’alba c’è un’altra
alba piccolina, a quanto pare. Che io l’avevo scritto, mannaggia a me, che io l’avevo
detto, che testa che sono. Ma poi avevo detto che non era vero, questa cosa di essere incinta, che lei voleva
abortire e invece non era incinta, perché invece adesso nella realtà lo è? Valli a capire, i
romanzi. Quelli vanno dove vogliono andare, lo scrittore tiene solo la penna in
mano. Lo scrittore mantiene.
- Ma guarda che non sei incinta – gli ho detto –
tra un po’ vorrai abortire ma poi no e ti accorgi che non lo sarai.
- Partorisco la settimana prossima – mi dice.
Esca di qui – mi dice.
E pensare che con l’esca si prendono i pesci,
io invece ho preso un bel cefalo in faccia.
E vabbé, ma almeno mi sono innamorato e ho
visto l’alba, per tre millesimi di secondo. E comunque il libro La Nausea di
Alba o qualcosa del genere lo ha scritto proprio quel Gian Paolo lì, l’amico di
Eugenio. Maledetto a lui. Devo cambiare.
Oh, sono le tre, direi che devo smettere di.
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Emiliano Ponzi |
non ne usciremo vivi. il cinema ci ha. [odio sin da sempre la domenica sera. è davvero un momento lento a morire e in cui nulla si puo' iniziare]
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