Poi ho chiuso il giornale, poi perché prima lo avevo aperto per leggere qualcosa ma poi lo avevo chiuso, dovevo iniziare a farmi la barba e ho pensato: è vero che al mondo tutto ha un’etichetta, i pomodori, le scarpe, la musica, i quadri, le bottiglie di vodka, gli etero, i gay, le suore, le suole, gli studenti, gli architetti, i lavoratori, i vegani, gli onnivori, i comunisti, i fascisti, i cattolici, gli atei e gli agnostici, i finti perbenisti, i vegetariani, scientology e simili, i mancini e i destrorsi, i nati negli anni ‘80, gli artisti, gli indie, i fotografi, i chitarristi, gli scrittori, i poeti, i trans e i contrabbandieri, i camionisti, gli orologi.
E così ho pensato che io etichette non ne voglio, non sono mica un’anguria - ho pensato proprio all’anguria, che da piccolo vedevo sempre sul bancone del fruttivendolo vicino a casa della nonna ed era più grande della mia testa e fuori era verde ma io sapevo che dentro, dentro era rossissima, e ridevo perché io conoscevo il segreto dell’anguria. Con un’etichetta scritta a mano senza troppa cura, una scrittura veloce, e così ho capito poi dopo il giornale e prima della barba che io etichette non ne voglio.
Che poi, dove me l’attacco?
Sulle ossa non c’è aderenza.
Io, allora, sono senza storia - senza etichette su di me.
"che da piccolo vedevo sempre sul bancone del fruttivendolo vicino a casa della nonna ed era più grande della mia testa e fuori era verde ma io sapevo che dentro, dentro era rossissima, e ridevo perché io conoscevo il segreto dell’anguria."
RispondiEliminaBell'anima. n_n